Tribunale di Pescara n. 143 del 30 Gennaio 2019

La questione esaminata dal Tribunale di Pescara concerne alcuni aspetti centrali dell’odierno dibattito giurisprudenziale in tema di usura.

Il G.I., confermando il decreto ingiuntivo opposto, si è uniformato all’orientamento di merito che afferma che, al fine dell’accertamento dell’usura, non può procedersi alla sommatoria di interessi corrispettivi e moratori, in quanto di natura e funzione differenti.

Nel caso in cui l’origine dell’interesse sia il semplice utilizzo del capitale altrui, infatti, si è in presenza di interessi corrispettivi; al contrario, quando l’interesse derivi da un pagamento ritardato di un debito, allora si tratta di interessi detti moratori.

Gli interessi moratori, infatti, traggono origine dal ritardo nel pagamento delle somme dovute dal debitore – cosiddetta mora e hanno, per tale motivo, natura risarcitoria in favore del creditore.

Il Giudice monocratico ha stabilito che Il principio di diritto che può allora essere enucleato è quello in base al quale, se il superamento del tasso soglia in concreto riguarda solo gli interessi moratori, la nullità ex art. 1815 Comma 2 c.c. colpisce unicamente la clausola concernente i medesimi interessi moratori, senza intaccare l’obbligo di corresponsione degli interessi corrispettivi convenzionalmente fissati al di sotto della soglia”.

La pronuncia in oggetto ha, altresì, confermato la legittimità dell’ammortamento alla francese, nel quale parte attrice aveva inteso riconoscere una larvata prassi anatocistica, non pattuita ed illegittima.

Il sistema di ammortamento alla francese (o progressivo) prevede il pagamento, da parte del mutuatario, di una rata (tendenzialmente) fissa, in cui la quota di interessi decresce nel tempo e quella capitale si incrementa, secondo una legge di progressione geometrica che è tipica della capitalizzazione composta.

Sul punto, il Giudice ha ribadito, confermando l’orientamento costante secondo il quale l’ammortamento alla francese non determina un fenomeno di anatocismo poiché, delle quote componenti la rata, solo le quote capitali vanno ad estinguere il debito, generando dunque, di rata in rata, un debito residuo sempre minore, sul quale si calcolano gli interessi che il mutuatario paga con la rata successiva”

In sostanza, la sentenza ha affermato il principio secondo cui l’obbligazione di pagamento nascente dalla clausola penale di estinzione anticipata del mutuo non sarebbe in diretta connessione con le obbligazioni principali reciprocamente assunte dalle parti; la somma conseguibile a detto titolo non è pertanto idonea a integrare i profitti illegittimi richiesti per la configurazione del delitto di usura, a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento (Cfr. Cass. Pen. N. 5683/2012).

 

A cura di: Dott. Jacopo Rencricca