Analisi del problema circa la qualificazione del c.d. bene aziendale e l’esatta individuazione dell’oggetto del trasferimento d’azienda.

L’azienda, nel suo complesso, costituisce il risvolto pratico-oggettivo dell’attività d’impresa ed è lo strumento imprescindibile per poterla svolgere, soprattutto in ragione dell’interdipendenza dei beni che la costituiscono e che hanno un’unica finalità, l’esercizio dell’impresa.
L’imprenditore per poter svolgere la propria attività di cui all’art. 2082 c.c., è necessario che predisponga « un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’attività imprenditoriale ». Tale complesso di beni forma l’azienda, la cui disciplina è contenuta negli art. 2555 e ss. del c.c., da cui è possibile scorgere due principali riferimenti, l’uno di tipo soggettivo (l’imprenditore), l’altro di tipo finalistico (l’esercizio dell’impresa).
Nonostante oramai il dibattito dottrinale circa la individuazione della natura giuridica dell’azienda si sia affievolito dopo l’aggregazione, in uno stesso codice, della materia del diritto civile e del diritto commerciale, avvenuta nel 1945 in virtù di una ricodificazione dell’antecedente codice civile del 1865, i problemi interpretativi permangono, soprattutto rispetto all’individuazione dei beni che formano oggetto del trasferimento d’azienda.
Le alternative di inquadramento dell’azienda sono molteplici, tuttavia è possibile ricondurle a tre teorie differenti:
• azienda come universalità di beni
• azienda come bene unitario
• azienda come pluralità di beni (concezione atomistica).
Il problema circa l’esatta individuazione giuridica dell’azienda non è di facile soluzione, anche perché la sua collocazione in una delle citate teorie, fa si che si applichi una diversa disciplina a seconda che si tratti di considerare l’azienda come bene unitario ovvero come una pluralità di beni singoli.
Tuttavia la tesi c.d. “atomistica”, che sembra la più accreditata in dottrina, appare in larga misura la più consona a rappresentare l’effettivo andamento delle contrattazioni odierne, per cui l’azienda costituirebbe un agglomerato di beni distinti, non collegati tra loro materialmente, ma solo da un vincolo funzionale, in quanto tutti destinati dall’imprenditore all’esercizio della sua impresa, per cui è chiaro che nella nozione di azienda il concetto di organizzazione ha un ruolo fondamentale.
Per ciò che concerne i beni che concorrono a formare oggetto di tale organizzazione aziendale, sia la dottrina che la giurisprudenza sono giunte a soluzioni differenti.
Parte della dottrina (Buonocore, Martorano) sostiene che dell’azienda non facciano parte i rapporti giuridici patrimoniali collegati all’attività d’impresa (crediti, debiti, contratti), nonostante il legislatore abbia previsto un’apposita disciplina proprio nel Titolo VIII del Libro V dedicato all’azienda, in ragione, però, di una funzione strumentale che tali rapporti hanno rispetto alla fattispecie di successione nell’impresa, per cui l’azienda, limitatamente alla vicenda traslativa, viene in considerazione come un’entità patrimoniale autonoma, comprensiva anche dei rapporti obbligatari inerenti, mentre tale unità si dissolverebbe una volta cessata la fase dinamica. Inoltre, la tesi si basa soprattutto sulla considerazione che l’art. 2555 c.c. richiami in maniera esclusiva “i beni” di cui all’art. 810 c.c., cioè solo “quelle cose che possono formare oggetto di diritto”.
Altra parte della dottrina, invece, volendo allargare le maglie del concetto di beni risultante dal dato letterale dell’art. 2555 c.c. e della disciplina di settore, ha accolto la nozione più estensiva del c.d. bene aziendale, comprendente ogni elemento patrimoniale idoneo a ricevere tutela giuridica; dunque, non solo beni ma anche servizi, rapporti di lavoro, contratti, debiti e crediti.
La doverosa disamina circa la qualificazione giuridica del bene aziendale influenza, inevitabilmente, l’esatta individuazione dell’oggetto del trasferimento d’azienda.
Il trasferimento d’azienda si inserisce in quella che viene considerata fase dinamica dell’attività imprenditoriale relativamente al bene aziendale ed, in quanto tale, avente ad oggetto sia l’intera azienda che i singoli beni che la compongono.
Anche nel caso di trasferimento d’azienda la dottrina negli anni si è divisa, tra chi ammetteva la possibilità di ricomprendere nel trasferimento i rapporti giuridici patrimoniali in considerazione di quanto previsto dall’art. 2558 c.c. – relativamente alla successione nei contratti stipulati per l’esercizio dell’attività imprenditoriale da parte dell’acquirente aziendale – e chi, invece, aderendo alla diversa teoria (precedentemente analizzata) non riusciva ad ammettere, durante la circolazione dell’azienda, l’automatico trasferimento anche dei rapporti giuridici patrimoniali, in quanto non ricompresi nel bene aziendale. Tra l’altro siffatta impostazione superava agevolmente la tesi contraria poiché l’art. 2558 c.c. prevede certamente una successione nei contratti dal cedente all’acquirente nel momento della circolazione dell’azienda, ma tale trasferimento è solo un effetto naturale dello stesso ed, inoltre, derogabile dalle parti.
Non vi è dubbio, però, che quasi sempre la cessione d’azienda ha un senso proprio nella misura in cui vi è un trasferimento complessivo di beni e rapporti aziendali organizzati, per cui è facile intuire che in questo caso ci troviamo di fronte ad un falso problema, perché la pratica in sostanza assorbe in se le congetture della dottrina dandone una soluzione quasi definitiva. Molto più concreta, invece, è la questione relativa alla diversa disciplina da applicare al
trasferimento d’azienda. Infatti, occorre innanzitutto stabilire in concreto se un determinato atto di disposizione dell’imprenditore sia da qualificare come:
• il trasferimento di una pluralità di beni di cui le parti dispongono con un unico atto,
ma che non integrano un’azienda e ciò può avvenire per lo scopo finalistico di
riduzione dei costi dell’azienda;
• il trasferimento di un complesso di beni di cui le parti dispongono con separati atti, ma
che, anche in questo caso, non integrano un’azienda;
• il trasferimento di singoli beni appartenenti all’azienda ma che vengono ceduti
individualmente separandoli dal complesso aziendale.
Non sempre è agevole verificare se le parti abbiano inteso trasferire l’azienda o un singolo ramo d’azienda ovvero, in alternativa, singoli beni facenti parte del stesso compendio aziendale, soprattutto perché nella parassi è solito riscontrare casi di compimento di atti dispositivi posti in essere in maniera differente semplicemente per eludere l’applicazione della disciplina relativa al trasferimento d’azienda nel suo complesso, soggetta ad un regime fiscale, pubblicitario e civilistico differente.
Per distinguere le ipotesi appena descritte dal trasferimento d’azienda vero e proprio, è necessario sicuramente non soffermarsi semplicemente sul nomen iuris adottato dalle parti, ma analizzare:
• la volontà delle parti ex art. 1362
• la qualificazione oggettiva dell’azienda ex art. 2555 c.c., ossia considerarla come universitas ovvero come beni distinti collegati tra loro da un vincolo funzionale (teoria atomistica).
E’ essenziale, dunque, bilanciare il carattere oggettivo e la volontà delle parti e ciò comporta che:
• la volontà delle parti non può attribuire la qualità di azienda ad un complesso di beni che non è tale ai sensi dell’art. 2555 c.c.. Le parti, in altri termini, non possono applicare la disciplina relativa al trasferimento d’azienda, ma quella prevista dalle norme relative alla circolazione dei singoli beni;
• le parti non possono negare la qualità di azienda ad un complesso di beni che, invece, è tale. Ciò significa che, nel caso in cui le parti non intendano trasferire un complesso di beni le cui caratteristiche pretendono l’applicazione della disciplina relativa al trasferimento d’azienda, non possono non applicarla.
In conclusione, ove le parti ritengano di non includere nel trasferimento dell’azienda alcuni beni o rapporti che la compongono, è necessario che dall’atto risulti espressamente tale esclusione, tenuto conto che, comunque, è necessario il trasferimento di un complesso di beni idonei a caratterizzare l’azienda in quanto tale e che conservino, nella vicenda circolatoria, un residuo di organizzazione che dimostri almeno potenzialmente l’esercizio dell’impresa (Cass. civ. Sez. II, 09-12-2005, n. 27286).

Avv. Davide Corrado