(Osservazioni a Trib. Roma 17 ottobre 2016)

Il caso esaminato riguarda un pignoramento di beni immobili di proprietà della società H, nata da una scissione della società P, da parte del creditore I in possesso di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per i debiti in capo alla società originaria P. Il creditore aveva infatti pignorato presso quest’ultima beni ormai assegnati ad H.
Secondo la disciplina comune, ogni società nata da una scissione è titolare di una responsabilità solidale e sussidiaria nei confronti delle passività della società scissa, nei limiti del patrimonio assegnatole ex art. 2506-quater c. c. In reazione al pignoramento, H, per rilevare l’estraneità dei beni sottoposti a vincolo esecutivo al patrimonio della pignorata P, propone opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. con istanza di sospensione al giudice dell’esecuzione. Nell’opposizione indica la presenza di altri beni immobili restati in proprietà di P con le relative stime, curando peraltro di affermare la capienza e idoneità del patrimonio della società debitrice al soddisfacimento dei crediti del procedente.
Il giudice dell’esecuzione rigetta l’istanza di sospensione, ritenendo che nella specie trovi applicazione l’art. 2929-bis e che, tutt’al più, ci si possa “dolere delle forme”, sottintendendo la possibilità di ricorrere allo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., per fronteggiare l’attività espropriativa in luogo dell’art. 619 c.p.c.
Il provvedimento lascia decisamente perplessi per diverse ragioni.
Innanzitutto l’art. 2929-bis trova applicazione per gli atti di disposizione del patrimonio a titolo gratuito in danno del creditore (“il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito..”). Nella fattispecie esaminata, consistente in una scissione societaria, è arduo individuare un atto del genere. L’operazione di scissione ha infatti natura di mera modificazione della struttura societaria, a stare alla ricostruzione operata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 2687/2006. Tale decisione ha inoltre escluso che possa parlarsi di un vero e proprio trasferimento delle vicende riguardanti la società originaria, respingendo in definitiva l’idea della scissione come atto di alienazione a titolo gratuito.
Nella specie appare poi assente la presenza dell’ulteriore (ed essenziale) presupposto dell’art. 2929-bis, cioè l’eventus damni nei confronti del creditore. La società P, conserva un proprio autonomo patrimonio aggredibile dal creditore I e (almeno potenzialmente) idoneo a soddisfare le pretese creditorie dello stesso. La ratio della nuova disposizione introdotta dal legislatore del 2015, è infatti l’esonero dell’azione revocatoria in presenza di atti a titolo gratuito che pregiudichino la garanzia patrimoniale a favore del creditore: ambedue i presupposti previsti dall’art. 2901 c.c. sono necessari per l’applicazione dell’art. 2929-bis.
L’art. 2929-bis conferisce al creditore una speciale azione esecutiva alternativa all’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c. c. Nella relazione del d.d.l. di conversione del decreto legge n. 83/2015 che introduce il nuovo articolo, si afferma che lo scopo delle modifiche è ridurre radicalmente i tempi della procedura esecutiva, attribuendo al creditore procedente munito di titolo esecutivo, in presenza di tutti i presupposti previsti dall’art. 2901 c.c., uno strumento di tutela che gli permetta di bypassare l’azione pauliana. Ciò implica che per applicare la nuova disposizione sono necessarie le condizioni previste per l’azione revocatoria e inoltre deve essere riconosciuto al pignorante il diritto alla tutela revocatoria ex art. 2901 c.c. Ora è dubbio che nel caso di una scissione societaria sia possibile l’esercizio dell’azione revocatoria, poiché il codice riconosce già ai creditori della società originaria la possibilità di esperire l’azione di opposizione all’atto di scissione ex art. 2506-ter c. 5., dalla pubblicazione della delibera fino all’iscrizione dell’atto di scissione nel registro delle imprese, giudizio che, nel caso in questione, è stato promosso dallo stesso creditore pignorante. I creditori della società scissa sono quindi titolari di uno strumento di conservazione della garanzia patrimoniale diverso dall’azione revocatoria.
In ogni caso la nuova azione esecutiva, come afferma il c. 2 dell’art 2929-bis, nel caso di atti di alienazione di beni, deve assumere le forme del pignoramento contro il terzo proprietario (“Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario”) e non sembra che vi si possa ricorrere allorché il creditore abbia esercitato tale azione contro il proprio debitore. Nella fattispecie in esame, invece, ci troviamo in presenza di un pignoramento contro il debitore, poiché il creditore procedente I aveva aggredito i beni immobili della società H, agendo direttamente contro la propria debitrice P e trattando tali beni come la legittima garanzia patrimoniale di questa.
Seri dubbi scaturiscono infine dall’affermazione che il provvedimento fa riguardo alla possibilità di utilizzare lo strumento dell’opposizione degli atti esecutivi anziché l’opposizione di terzo. Nel caso in questione, il terzo, ossia la società H., aveva come unico interesse quello di far valere il proprio diritto di proprietà sui beni pignorati e di affermare l’estraneità di questi dal patrimonio della società debitrice P, andando quindi a contestare il diritto del creditore I di eseguire nei suoi confronti. L’opposizione ex art. 619 era l’unico strumento adatto per rilevare ciò, infatti nell’articolo del codice di procedura civile si afferma che “il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni”. Con l’opposizione ex art. 617, invece, si sarebbe potuta contestare la regolarità del precetto o del titolo esecutivo entro 20 giorni dalla notifica o dal primo atto di esecuzione, termine perentorio, oltretutto già scaduto per la società H alla data del deposito del ricorso per l’opposizione di terzo.
In conclusione si può affermare che, nel caso di specie, non sussistendo i presupposti previsti dall’art 2929-bis il creditore procedente non poteva accedere alla nuova azione esecutiva evocata dal decreto (neppure, considerata la natura eccezionale della disposizione in esame, in via analogica).

Dott.ssa Ilenia Febbi